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Mixology Consultant- l’intervista ad Alessandro Melis,

Alessandro Melis Mixology Consultant

In Enoteca è arrivato Alessandro Melis, con una delle sue master class e soprattutto la sua grande esperienza nel Mixology Consulting. Ne abbiamo approfittato subito. In questa intervista ci spiega come nasce il suo lavoro attuale e la sua nuova impresa, Indrinkable, fondata nel 2016.

Tempo di lettura: 1 Tommy’s Margarita (rigorosamente on the rocks)

Ale, come sei arrivato fin qui? (Si, in 4 righe)!

“Ovviamente dopo tanti anni di carriera come bar tender. Ho iniziato a lavorare come mixology consultant nel 2010, pochi anni dopo aver venduto la mia attività – il Bar Fantasy, suo per diciassette anni -.

L’esperienza dietro al bancone mi ha dato modo di discernere, di capire le cose che andavano e quelle che dovevano essere ritoccate, studiate, analizzate.”

In particolar modo cosa?

“Ho constatato che quello che contraddistingueva il bar non era il prodotto, che pure è fondamentale, ma la passione che si riusciva ad infondergli e la cordialità. Un concetto banale apparentemente; la difficoltà è nel concretizzare. Radunare le idee, prendere in seria considerazione tutti gli aspetti del bancone e standardizzare. Perché per essere bravi non basta un solo successo e un solo risultato, per quanto possa essere ottimo. Bisogna essere in grado di riprodurlo.” – Già, nel suo piccolo, l’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnica. –

Da cosa parti quando lavori come mixology consultant?

“Parto pensando all’agio del cliente e alle mancanze del locale. Parto dalla conoscenza del prodotto, dallo studio della drink list e dalla formazione del personale. Solitamente ci prendiamo 6 mesi per la formazione del personale interno. Così ho fatto per Pandenus, a Milano, con cui lavoro da 11 anni. Dopo otto anni e quattro punti aperti mi hanno chiamato per apportare un concetto di miscelazione attuale con la classica accoglienza e il coinvolgimento dei bar tender che aveva da sempre contraddistinto la mia figura lavorativa. La prima cosa che ho fatto in questo caso è stata creare una cocktail list che il personale potesse replicare alla perfezione, dopo i mesi di affiancamento.”

Si ma tu sei un esperto mixology consultant, quindi immagino che analizzi nei minimi dettagli l’aspetto economico e finanziario (sai che è un aspetto che amo, anche perché è il più sottovalutato)!

“Oh si certo. Tutto va misurato, come il bere. Sono sempre più Love Excel. La mia drink list è una lista di file excel con millilitri e costo del lavoro!”

Quali sono le mancanze più ricorrenti nei locali che ti trovi ad analizzare?

La mancanza di selezione del prodotto utilizzato, la mancanza di rapporto con il fornitore e spesso la mancata scelta o una scelta non adeguata del fornitore stesso. I fornitori devono essere i nostri partner, non i nostri nemici – quanto è vero!

La poca importanza del layout grafico della cocktail list e, più in generale, lo scarso utilizzo di una buona grafica, che faccia da filtro prima della scelta del cocktail.

Spesso si lavora dimenticando di attualizzare il concetto di miscelazione. E ci si dimentica di valorizzare il prodotto che viene creato. Mi è capitato più volte di vedere cocktail preparati con distillati premium venduti a costi non remunerativi.”

Cosa ti differenzia dagli altri?

Guarda tre secondi e mezzo il soffitto e, con timida esitazione per la domanda impertinente, risponde con l’eleganza leggera che lo contraddistingue.

“La capacità di ascolto, focalizzare le idee del fondatore del locale, perché quello che il cliente ha in testa lo deve ritrovare in ogni angolo del bar. E per questo diventano fondamentali i rapporti con gli altri esperti del settore: lo chef, l’architetto, il light designer, eventualmente.”

Perché oltre al cliente (iniziale e finale) c’è il lavoratore e la sua sicurezza sul lavoro.

“Esattamente. Tutto è curato al dettaglio nel bancone. E non solo per l’ottimizzazione del lavoro e della sua velocità ma per la posizione e la postura del lavoratore. Perché, in primis, ci siamo noi, e se non siamo comodi non possiamo dare il meglio, che è invece quello che ogni barman desidera, per sé e per il proprio cliente.”

GC Comunicazione