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Quando il brand ambassador sostiene l’ambiente

Brand Ambassador

Da Del Frate incontriamo Giuseppe Mancini, per tutti Beppe, l’ormai noto brand ambassador di Bulleit Bourbon. Bartender da 19 anni, ex brand ambassador di un’altra grande multinazionale di Spirits, ci racconta il suo lavoro mettendo l’accento su un tema che ci sta a cuore: l’ecologia.

Camicia a fiori bianca, arancio e blu; felpa rigorosamente firmata Bulleit Frontier Whiskey, si accomoda (scomodamente e con lieve imbarazzo) su una sedia. Incrocia le braccia, dandomi il beneficio di non fare troppe domande, privilegio che lascia chi ha molto da dire. E oltre alle parole parla con gli occhi, azzurri, che ricordano il mare d’estate, quella in arrivo.

Tempo di lettura: 1 drink base Bulleit, senza cannuccia.

Cos’è per te fare il brand ambassador?

“Una grande responsabilità. La responsabilità del trasmettere le informazioni tecniche e le caratteristiche organolettiche dei prodotti dell’azienda. L’importanza della conoscenza merceologica è essenziale per noi e per il bartender in primis. Non dimentichiamoci che il brand ambassador nasce dall’esperienza dietro al bancone come bartender.

Devi riuscire a mettere in risalto le peculiarità di ogni prodotto in ogni fase, dalla materia prima utilizzata, dalla distillazione all’invecchiamento. Ah, poi naturalmente puoi scrivere in italiano quello che ti dico!” – aggiunge scherzando, sapendo di aver dimenticato virgole e punti. –

Una delle cose che più ti piace del tuo lavoro.

Il bagaglio culturale delle visite in distilleria. A Shelbyville, in Kentucky, ho appena visitato la nuova distilleria di Bulleit con il più basso impatto ambientale possibile.

Non ci rendiamo conto di quanto il nostro settore, il bar, possa fare per ridurre l’impatto ambientale. Per quanto il cocktail bar sia accoglienza, luogo ricreativo e veicolo di un determinato stile di vita non possiamo dimenticarci del mondo in cui viviamo, né come barman né come brand ambassador.”

Guerra alla cannuccia?

Oggi consumiamo 500 milioni di cannucce al giorno. Cinquecento milioni! Per smaltirne una occorrono 200 anni! Tempo di consumo? 20 minuti! Per le nostre cannucce, ogni anno, muoiono 1000 esemplari di specie marine. Già un gran passo sarebbe quello, semplicissimo, di usare una sola cannuccia per cocktail. Senza contare che bere direttamente dal bicchiere ha un effetto positivo sulla riduzione del tempo di un’ubriacatura. Con la cannuccia aspiri ossigeno e con l’ossigeno l’alcol arriva prima al cervello.”

Dunque è anche questo il bere responsabile?

“Si. Il bere responsabile è equilibrio, giudizio. Fondamentalmente è il nostro modo di comportarci. E prima del comportamento del cliente viene quello del barman e del brand ambassador. Dobbiamo saperci comportare. E bisogna accompagnare il cliente. Accompagnarlo, non educarlo. E senza forzature. Il drink in sé vale il 30% dell’esperienza, scusa è un’espressione un po’ forte, ma questo per dire che il resto va comunicato. E non solo verbalmente ma nei movimenti e nella cura. Cos’è un drink perfetto se la musica del locale è troppo alta, l’accoglienza è scarsa e il bancone pieno di gocce trascurate che attendono il passaggio di una pezza che le asciughi?”

 

GC Comunicazione